giovedì 22 febbraio 2018

Uni... crazy s**t

Ok. Non e' andata come previsto. Ed ora che un pochino mi sono ripresa, mi va di raccontarla.


Secondo i miei piani , a quest'ora, sarei un universitaria londinese, procinta a concludere il suo secondo anno, in una nuova casa, con un nuovo lavoro e stress provocato solo dal treno sovraffolato per andare in Uni e dallo studio.
Secondo i fatti sono una ragazza, alle prese disperate contro il tempo, cercando di coinciliare tutto, senza concludere (quasi) nulla.

Dopo varie mail e sbatti, non vengo accettata al corso che volevo (sneza grandi spiegazioni).
Non ci rinuncio, decido che avrei dedicato un anno a lavorare e studiare per conto mio e iscrivermi l'anno prossimo. La beffa di questa storia?  Il mio corso non solo non e' partito, ma non esiste piu'!
Che gioia!
Ed ora sono qui, su mille siti, cercando corsi universitari simili, sguazzando su siti per ispirarmi per la lettera di presentazione.

Posso fare domanda a 5 universita' a patto che siano tutte dello stesso corso o simili!
Che figata,no?
NO! Non se hai iniziato un corso di traduzione ed interpretariato in Italia e l'unico che esisteva a Londra e' stato cancellato! E corsi simili? Esistono, ma hanno sfumature in ambito politico o economico quindi non posso inviare domanda perche' nella lettera potrei parlare solo di motivazione verso lo studio di lingua, non di altro genere.
Qualcosa esiste. Qualcosa mi convincera' (almeno spero)

E, piccola parentesi, in parallelo a tutto cio', cerco casa e lavoro ed ovviamente studio part time traduzione e devo ritaglairmi del tempo anche quando non eiste per fare ogni cosa.
Pazzia. E' un momento di pura follia.
Vorrei chiudere gli occhi e sveglairmi in estate. Quando tutta questa strafelata sara' conclusa.

Sabato potrebbe essere uno step decisivo: dopo l'incontro con le universita' poteri avere le idee un pochino piu' chiare.
Dopo di che si parte con l'iscrizione.
Infine si vedra' con la casa.
Per il lavoro vedro'.. ho qualche idea, magari non formidabile, ma qualcosa penso....
Si vedra'...

Certo, si sapeva. Vivere imporvvisamente da soli e' anche questo: affronatre mille cose da soli, parlarne con della gente solo a telefono e non a cena tutti insieme.
Vivere da soli e' fare tutto da soli: dalla spesa, alla lavatrice, muoversi ovunque, anadre dal dottore o in banca. Dopo quasi 9 mesi mi fa ancora cosi strano il pensarci..

Nessuno ha detto che sarebbe stato facile: ma almeno ne sara' valsa la pena!

lunedì 19 febbraio 2018

ITALIAN COSTUMERS (pt1)

Gli italiani all'estero sono fantastici. Non quelli che, come me, hanno deciso di andare all'estero per iniziare una nuova vita, lavorare o studiare. No. Una categoria ben precisa : i turisti.

I turisti italiani all'estero (e, nel mio caso, piu' in particolare a Londra) sono qualcosa di unico e, lavorando nell'hospitality (ambiente ristoazione) ho la magnifica opprtunita' e l'onore di osservarli da vicino, da una parte divertita, dall'altra anche un po' imbarazzata per il loro atteggiamento.
Con questo post non voglio offendere nessuno, e' solo che mi divertono parecchio ed un po' di ironia non fa mai male.

Come prima cosa si riconoscono subito. Appena aprono la porta ed entrano nel ristorante, sono pervasa da un sesto senso (che nel 98% dei casi non mi tradisce), identificando questi individui come italiani. Non so perche' ma sembrano fatti con lo stampino.
(Qua dovrei  pluralizzare perche' capita anche a me che, senza nemmeno aprire la bocca mi chiedano : Italian, right?)
Hanno quel non so che, un mix tra tamarraggine ed eleganza unica nella nazione dello stivale.

  • L'italiano medio lo riconosci perrche' va in giro in braco. Non va in vacanza da solo, porta dietro la sua compagnia di amici, adolescenti, adulti o gruppi di famiglie, che occupano tavoli e tavoli.
  • L'italiano medio non sa l'inglese ma crede di saperlo e percio' o lo parla a modo suo, o semplicemente decide di parlare italiano credendo (e sperando) che tanto tu li capisca. 
Uno tra i primi casi di italianaggine all'estero (che ricordi bene) l'ho vissuto dopo qualche mese che ero a Londra.
Li vedo entrare e penso :" taac, italiani". Era il loro look, la loro zarraggine che mi ha coninta.
Si avvicinano alla cassa per vedere il menu ed inizano a discutere su cosa vogliono mangiare. Fin qui tutto regolare. Poi inizano
- ma che, ti funziona internet?
- sisi, ora vado su google e cerco...
Mi fa sorridere l'idea che un gruppo di (massimo 25 anni) non conosca parole come : " fish, lettuce, tomato o chicken" ma non sono nessuno per giudicarli. Visto che mi era scappata una ristaina ma mi sembrava brutto ridergli in faccia, decido di fare cambio con una collega inglese ed inizia a servirli.
- Hello, etaing here or take away?
- qua, qua ehm... come si dice? "ir ir"
--ok, how can i help?
-ehm.. eh? yes ah  una bottiglietta d'acqua naturale grazie
la mia amica resta baista
-sorry?
e allora il tipo in questione scandisce la parola " a- cqu -a " come se non fossero loro quelli in "torto" e, a Londra, un inglese, fosse tenuto a spere il significato della parola acqua.
Decido di prendere il suo posto e continuo l'ordinazione, piu' che per agevolare il loro servizio, per salvare la mia amica che altrimenti ne sarebbe uscita pazza.
Inizio a parlare italiano ma ci mettono un po' nel realizzarlo (tanto stavano parlando italiano fino a 2 secondi fa con una ragazza inglese..). Finito mi ringraziano. Il mio turno e' terminato e mentre salgo per cambairmi, si avvicinano alla cassa per una seconda ordinazione, non mi trovano e la scena di dialogo italaino inglese si ripete.

Mi sto dilungando percio' concludo la prima parte qui,
alla prossima con molte altre avvenutre!